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Ottobre-Novembre 2024
24 Ottobre-20 Novembre 2024
debutto con esecuzione musicale a cura di Emiliano EMI Vernizzi 26 Ottobre 2024

Fotografie di Giuseppe Arcamone.

Intervento musicale a cura di Emiliano EMI Vernizzi.

 

Arcamone, classe 1969, si interessa alla fotografia da quando era adolescente. Dopo la laurea in
Architettura alla Federico II di Napoli, ha sempre cercato di coniugare la sua passione alla fotografia con il
suo percorso professionale come insegnante.
Emozioni e tensioni si intrecciano all’interno di una fervida produzione, che attraversa più generi,
abbracciando: musica, natura e cultura; dove la sperimentazione si fa linguaggio in cerca di continue
evoluzioni nella lettura, inedita, del reale. La musica diventa soggetto espressivo costante nella sua
produzione, al punto da diventare socio fondatore di AFIJ (Associazione Italiana Fotografi Jazz).
E proprio sul principio dell’improvvisazione, come in musica, che si sviluppa la collezione di immagini
esposte negli spazi della galleria, dove la questione del ritmo e del movimento diventano il “modus
operandi” dell’autore, definendo la regola dell’opera. L’immagine fotografica viene progettata nell’istante in
cui viene realizzata, come si procede nel “preludio” o nelle “fantasie” in musica, vivendo l’istante fotografico
in quello che i greci chiamano “kairos”, ossia il tempo dell’opportunità. Cogliere l’attimo, adattarsi alle
circostanze, in una modalità che non accetta il ritardo e rifiuta l’esitazione.
Arcamone fotografa paesaggi, istanti di vita quotidiana, atmosfere, ponendo sempre al cento il “guardare”,
per poi procedere all’improvvisazione compositiva come costruzione di relazioni, attraverso la
manipolazione delle immagini e la loro conseguente rigenerazione. Distribuite su quattro componimenti:
Partitura, Andante, Scala, Note, le immagini si figurano proprio come spartiti fisici in una continua e
possibile variazione melodica, perché proprio come nel Jazz “lo scopo decisivo dell’improvvisazione non
consiste nel produrre opere ma nel generare inizi”.
Anche il colore viene gestito con le stesse intenzioni, più o meno saturo sulle superfici fotografiche,
sviluppando un’ulteriore componente che caratterizza l’improvvisazione ossia l’imprevedibilità che i greci
chiamavano “metis” affinandola con l’esperienza, ben lontana quindi dalla incompiutezza o da un certo
dilettantismo.
Un’opera aperta, quella fotografica di Giuseppe Arcamone, dove è evidente un’etica e una politica dell’agire
alquanto sovversiva, dove acquisire abilità con la pratica e non attraverso norme codificate e stabilite
permette di ridisegnare un’arte fotografica più gentile e discreta, un togliersi di mezzo per far parlare le
cose e il mondo che ci circonda. Una conversazione con l’esistente fatta principalmente di ascolto, di attesa,
di rinuncia. Una sospensione della frenesia dell’agire al fine di cogliere l’attimo propizio per camminare con
gli elementi invece di plasmarli secondo la propria volontà o capriccio

 


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