La carta diventa metafora di una “geografia del cuore” da esplorare necessariamente per far emergere immagini di segni. Sulle superfici cartacee lavorate a spessori differenti si dipanano grafie criptiche che seguono negli andamenti, nelle pause e nelle riprese, sotterranee correnti pulsionali. Da questo alfabeto senza suono, l’azione, più che di slancio vitale o di impulso gestuale, assume il carattere di una paziente registrazione di stati emotivi di un microcosmo esistenziale.
L’interesse, verso l’opera di Gabriella Pauletti, risiede proprio in questa capacità di non abbandonarsi al puro bisogno espressivo, ma saper cogliere ed esprimere nel proprio personale racconto un sentire che è proprio della nostra contemporaneità, sia nella dimensione umana che storico-culturale.